Libertà del Cristiano
I dieci comandamenti: salvaguardia della libertà
Uno dei privilegi più preziosi della vita del cristiano è la sua libertà spirituale. Non è più servo del peccato. Non è più soggetto alla podestà di Satana. La sua coscienza non è più schiava di tradizioni umane o di rituali. Questa libertà si contrappone radicalmente allo spirito servile che può essere trovato in altre religioni. Essa si pone in contrasto con le superstizioni che sfigurano le usanze di gran parte della razza umana e che ostacola una grata e gioiosa libertà di mente e di cuore. La libertà del cristiano è la conquista pagata per lui a caro prezzo dal sacrificio di Cristo sulla croce ed essa deve essere protetta gelosamente. Quando scopriamo la nostra libertà in Cristo, però, diventiamo consapevoli come essa sia un privilegio del quale pure si può facilmente abusare. Il problema è apprezzare si di “essere stati chiamati a libertà”, senza però giammai osare “fare di essa un’occasione per vivere secondo la carne” (Galati 5:13). La libertà comporta dei limiti, la libertà ha dei confini.
Il cristiano può godere di una libertà da regole ben maggiore di quella che aveva il credente nell’Antico Testamento. Essa è fonte per lui di grande gioia, ma comporta anche notevoli responsabilità. Un figlio che raggiunge la maggiore età può godere di una libertà maggiore di quella che aveva da minorenne, ora, però, ci si aspetta pure da lui che egli sia più maturo nel modo in cui esercita la sua libertà. Non c’è padre che permetta che la libertà si trasformi in licenziosità, e Dio non ne è eccezione. Persino la libertà possiede le sue regole, sagge e buone. C’è qualcosa, però, al riguardo della stessa parola “regola” che sembra essere per noi una minaccia e gettare un’ombra sulla nostra gioia. Qualcuno potrebbe dire: “Che razza di libertà potrebbe mai essere quella di un cristiano, se essa deve essere, limitata da regole?”. E’ una domanda che certamente sarà venuta più volte in mente a molti.
La risposta a questa domanda è porre attenzione a che cosa si intende per “libertà”. In un mondo dove non c’è Dio (se un tale mondo esiste veramente) libertà significa vivere assolutamente come meglio ci aggrada. Dove, infatti, non esiste alcun criterio assoluto di bontà e di verità, tutto è vero e nulla è falso. Questo è il sogno dell’ateo: avere un mondo privo di regole, leggi e regolamenti, dove si può fare tutto ciò che si vuole senza timore di giudizio o di una cattiva coscienza. Se riflettiamo meglio, dovrebbe apparirci chiaro come una tale “libertà” sarebbe più terribile che la prigione a vita.
La “libertà” in un mondo privo di regole o di leggi, sarebbe infatti la “libertà” della giungla, là dove il più forte sbrana il più debole ed più grosso si nutre del più piccolo. Sarebbe un’esistenza da incubo. Un mondo dove non vi fosse paura di castigo sarebbe un mondo dove prevarrebbe solo la paura. Il termine “libertà”, quindi, non dovrebbe essere inteso implicare l’assenza di leggi, ma l’osservanza della legge. La libertà inizia là dove la legge viene osservataosservata, non dove essa viene abolita. Sono libero di viaggiare e vivere in pace laddove so che la legge protegge me e la mia famiglia, i miei vicini la rispettano ed essa viene fatta rispettare contro qualsiasi possibile trasgressore.
Lo stesso è per il cristiano nel mondo. Egli comprende che la sua vita è circondata dalle leggi buone e benigne di un Dio santo e potente. I Dieci Comandamenti non sono un giogo di ferro da portare sul collo, ma vivere sulla terra in un contesto di felicità e di serenità. LA LEGGE MORALE di Dio è stata stabilita per impedirci di fare del male a noi stessi ed agli altri. La sola ragione per cui “le regole” vengono percepite come un limite alla nostra libertà è perché non ne comprendiamo la loro natura. Esse ci sono state date da Dio non per restringere la nostra libertà, ma per definirla e salvaguardarla. I primi tre comandamenti ci danno libertà dalle false religioni. Il quarto ci dà un giorno libero in cui rendere culto a Dio ed avere beneficio per la nostra anima ed il nostro corpo. Il quinto comandamento ci libera dalla tirannia autoritaria. Il sesto difende la nostra vita. Il settimo la nostra castità. L’ottavo la nostra prosperità. Il nono la nostra reputazione. Il decimo i nostri pensieri segreti.
I Dieci Comandamenti sono bastioni per proteggerci dalla schiavitù e dalla miseria che il peccato – in tutte le sue forme – ci riduce ogni qual volta essi cerchiamo di vivere senza legge. La Legge morale di Dio è la formula celeste per avere felicità sulla terra. Diciamo questo non nel senso che seguire la Legge morale ci possa far conseguire salvezza eterna, ma che, una volta salvati essendoci affidati alla Persona ed all’opera di Cristo, essa ci mostra il tipo di vita dove può essere trovato ogni bene. La “grande pace” che ottengono i credenti che amano la legge di Dio fluisce verso di loro come una ricompensa interiore del loro gusto nel fare la Sua volontà.
Vi sono parole di Cristo che rendono molto chiaramente questo punto: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Giovanni 14:21). Se come cristiani abbiamo mai sentito i comandamenti di Dio come una limitazione della nostra libertà, certamente non lo possiamo fare quando comprendiamo queste parole del Cristo! Il Signore ci vuole dire: “Se vuoi godere il senso del mio amore nella tua vita, tu, come cristiano, devi mostrare il tuo amore verso di me, il tuo Salvatore, osservando diligentemente le mie Leggi morali”.
E’ chiaro che i Dieci Comandamenti così assumono un ruolo vitale nella vita del cristiano. Essi sono la via lungo la quale dobbiamo camminare, l’aria che dobbiamo respirare, l’elemento in cui dobbiamo vivere. Per dirla con una sola parola, dovremmo dire che la Legge morale è la regola vita del credente.
Lo Spirito Santo dato ad ogni credente è l’autore di ogni nostra benedizione e Colui che nutre la nostra vita spirituale, ma Egli non è la regola della nostra vita. Se diciamo che è lo Spirito Santo ad essere regola della nostra condotta, diventiamo solo preda di fatto di ogni umore passeggero e di ogni capriccio fugace. E’ la popolare, ma ingannevole regola del “vai dove ti porta il cuore”. Non necessariamente che lo Spirito Santo non li guidi veramente a prendere delle decisioni, ma i credenti tendono a pensare così quando guardano solo ai loro sentimenti interiori come regola della loro vita.
Il modo che lo Spirito Santo usa per guidarci non è secondo i nostri sentimenti, ma oggettivamente attraverso la Bibbia. Lo Spirito Santo rivolge sempre il nostro sguardo a Cristo, alla Parola. Qualunque possano essere le esperienze eccezionali di un cristiano, esse non devono essere rese la norma.
Non è legalismo cercare di osservare la Legge morale di Dio coscienziosamente, se noi l’osserviamo nella prospettiva di Cristo e per amor Suo. “Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui” (Gv. 14:23); “Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti” (Gv. 14:15). Il fatto che vi siano Farisei che osservano la Legge morale in modo
legalistico non è ragione sufficiente per cui i cristiani non dovrebbero osservare la stessa in uno spirito giusto.
La nostre ragioni per osservare la Legge di Dio come regola della nostra vita sono molte. Siamo chiamati a farlo da Cristo al fine di manifestare quanto sia genuino il nostro amore per Lui. Inoltre la
Legge è modello d’amore verso il nostro prossimo. Infine, la Legge morale è il criterio della santità del cristiano.
Dobbiamo a Dio dedizione e sottomissione di tutto cuore. La Sua Legge ci obbliga a conformarci alla Sua volontà nel modo più perfetto possibile. In pratica questo significa che noi dovremmo guardare ai
Dieci Comandamenti come al più grande criterio di perfezione rispetto al quale noi dobbiamo sforzarci di conformarci. Quando noi scopriamo nel nostro cuore indolente riluttanza ad ubbidire alla Legge morale, dovremmo gridare a Dio in preghiera per poter avere la grazia di amarla e di osservarla maggiormente.
Il cristiano considera i Dieci Comandamenti come la regola perfetta che Dio ha dato alla sua vita (Salmo 19:7). L’ubbidienza a Dio non significa mirare ad un obiettivo arbitrario di nostra fattura, ma significa cercare di fare ciò che Egli ci ha comandato di fare. Ci vuole una vita di impegno per far si che i comandamenti scritti sul nostro cuore rinnovato si traducano in esempi concreti di quella matura ubbidienza che richiede la Legge morale.
Maurice Roberts, in The Banner of Truth, Marzo 2002, numero 462, p. 1. Traduzione
di Paolo Castellina
di Paolo Castellina
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