Triplice Uso della Legge Morale



Nella Teologia Riformata la Legge di Dio occupa un ruolo e posizione importante nella vita della chiesa e dei Cristiani. La Legge, sebbene come abbiamo visto, in nessun modo contribuisce alla nostra giustificazione e giustizia davanti a Dio, rimane vincolante su tutti i peccatori, e resta la regola secondo cui i Cristiani sono chiamati a vivere. (Martyn McGeown, Pastore in Limerick)

La Legge morale - come è esposta nei Dieci Comandamenti, e a sua volta riassunta nei comandi di Cristo di amare Dio ed il nostro prossimo - è la rivelazione dell'immutabile volontà di Dio per tutti coloro creati a Sua immagine.

Nel pensiero Protestante (sia Luterano e Riformato) la legge morale (o Dieci Comandamenti) è vista in tre usi.

Il primo uso è quello di essere uno "specchio" che riflette la perfetta giustizia di Dio e la natura peccaminosa dell'uomo (Romani 7,12). "poiché per le opere della legge nessuno sarà giustificato al suo cospetto; giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato" (Romani 3,20). "Ma è il peccato che m'è divenuto morte, onde si palesasse come peccato, cagionandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante" (Romani 7,13).
La legge, mostrandoci il nostro bisogno di perdono e il nostro pericolo di dannazione, ci conduce al pentimento e fede in Cristo. "Talché la legge è stata il nostro pedagogo per condurci a Cristo, affinché fossimo giustificati per fede" (Galati 3,24).

Il secondo uso è frenare il male. Anche se la Legge non può cambiare il cuore, può per qualche misura frenare l'illegalità per mezzo delle sue minacce di giudizio, specialmente quando eseguita dal codice civile che amministra la punizione per reati provati "perché il magistrato è ministro di Dio per te nel bene; ma se tu fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; poiché egli è ministro di Dio, un vendicatore con ira contro colui che fa il male" (Romani 13,4). Così garantisce l'ordine civile, e serve a proteggere gli innocenti dall'ingiustizia. 

Il terzo uso  della legge è come la regola secondo cui i credenti sono istruiti a vivere nella giustizia in gratitudine per la grazia ricevuta dal Signore. Essa guida i credenti nelle buone opere che Dio ha predisposto per loro: "perché noi siamo fattura di lui, essendo stati creati in Cristo Gesù per le buone opere, le quali Iddio ha innanzi preparate affinché le pratichiamo" (Efesini 2,10). La legge dice ai figli di Dio cosa piace al loro Padre Celeste. Cristo parlava di questo terzo uso della Legge quando disse che, deve essere insegnato di osservare tutto quello che Lui ha comandato a coloro che diventano suoi discepoli (Matteo 28,20), e che l'obbedienza ai Suoi comandamenti sarà prova della realtà che uno ha amore per Lui: "Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti" (Giovanni 14,15). Così i Cristiani sono liberi dalla Legge come sistema di salvezza per opere, ma sono sotto la legge come una regola di vita. 
La negazione del terzo uso della Legge, che è molto diffuso nei circoli evangelici del nostro tempo, è chiamata Antinomianismo. L'Antinomiano è colui che afferma che la Legge è stata completamente abrogata con la venuta di Cristo nel mondo, perché Romani 6,14 dice che noi non siamo sotto la Legge ma sotto la grazia. Mentre invece il Cristiano non è sotto la Legge come patto di opere (ovvero, come via di salvezza), non come un ministero di condanna, ma è sotto  di essa come regola di vita, e come obiettivo di standard di giustizia. 

Calvino e la Legge Morale

Giovanni Calvino credeva che la Legge morale provvede istruzioni per i credenti su quello che piace a Dio. Per lui il terzo uso della legge, come regola di vita per i credenti, è l'uso principale. "Il terzo e principale uso che concerne più strettamente il corretto scopo della Legge, trova il suo posto tra i credenti nel cui cuore lo Spirito di Dio vive e regna. Perché anche se essi hanno la Legge scritta e scolpita dal dito di Dio sui loro cuori  (Geremia 31,33; Ebrei 10,16), essi sono stati così toccati e vivificati dalla guida dello Spirito che desiderano ardentemente obbedire a Dio. . "
Nella seconda edizione delle sue Istituzioni nel 1539, Calvino commentò riguardo alcune persone ignoranti che "avventatamente mettevano da parte l'intera Legge di Mosè, e dicevano addio alle due Tavole della Legge. Perché pensano che sia ovviamente estraneo ai cristiani attenersi a una dottrina che contiene il 'ministerio della morte' (2 Corinzi 3,7). Scacciamo questo pensiero malvagio dalle nostre menti! Mosè ha insegnato la Legge in modo eccellente, la quale tra i peccatori può generare nient'altro che morte, tra i santi deve invece avere un migliore e più eccellente uso". 
In una esposizione dei Dieci Comandamenti, Calvino scrive, "la vera conoscenza di Dio ci costringe ad adorarLo, e . . . la vera conoscenza di sé ci conduce ad una autentica umiltà e abnegazione di noi stessi. La Legge è lo strumento che il Signore utilizza per ottenere entrambi questi risultati. . . Nel fissare la sua legge davanti a noi come uno standard di rettitudine, Dio ha basato tutte le sue richieste sul suo stesso beneplacito: da ciò concludiamo che nulla è così accettevole per Lui come l'obbedienza alla Sua volontà . . . la Legge è stata data da Dio per insegnarci la vera giustizia; e che in essa nessuna ingiustizia è insegnata ma l'obbedienza alla divina volontà. . . [La Legge di Dio è] il completo standard della giustizia . . ."
Così il chiaro insegnamento di Calvino è che la Legge di Dio è il completo standard della vera giustizia, e che l'obbedienza alla Legge di Dio è obbedienza alla volontà divina, e che i Dieci Comandamenti restano per sempre come una regola di vita per i credenti.

Autore: dr ES Williams

FonteLibro "Is John Piper an Antinomian?" - Belmont House Publishing - permesso di traduzione e pubblicazione concesso da  Bible League Quarterly

Traduzione: evangelodelregno.blogspot.com



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