La Provvidenza Divina: Tra Adorazione e Abuso: Come una Dottrina di Conforto è Diventata Scusa per l'Indifferenza Morale

La Provvidenza Divina: Tra Adorazione e Abuso:

Come una Dottrina di Conforto 

è  Diventata Scusa per l'Indifferenza Morale

 

 

Concezione vera Vs. abusata della Provvidenza

La dottrina della provvidenza di Dio è una dottrina che assicura la sovranità di Dio ed il suo controllo sopra ogni cosa. Si tratta di una dottrina importante relativa all'esistenza stessa di Dio e porta nel cristiano consolazione durante le afflizioni, umiltà e adorazione davanti ai misteri delle sue vie. 

Coloro che usano o, meglio, abusano, la dottrina della provvidenza di Dio per giustificare l'ingiustizia e l'indifferenza verso la sofferenza degli innocenti hanno decisamente preso una pericolosa deriva teologica che porta a pensieri ed azioni completamente incompatibili con il cristianesimo e  rinnegare la propria fede (1 Tm. 5,8).

Imputano quanto avviene alla provvidenza di Dio fino al punto di non avere alcuna considerazione dell'uomo che avrà compiuto l'atto in questione. Se qualche ruffiano uccide un uomo per bene, dicono che ha eseguito l'ordine di Dio. Se qualcuno ha derubato o fornicato, facendo quanto Dio aveva previsto, e ministro della sua provvidenza. Se il figlio ha lasciato morire suo padre senza soccorrerlo dicono: non poteva resistere a Dio che aveva così ordinato. In tal modo trasformano tutti i vizi in virtù affermando che obbediscono alla volontà di Dio. 

(Giovanni Calvino–Istituzione della religione cristiana, libro primo)

Quello che Dio chiede sempre ai suoi figli é di difendere la vedova, l'orfano e lo straniero. 

"La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni, e conservarsi puri dal mondo". (Giacomo 1:27)

Il pensiero generale del mondo, opposto a quello cristiano è rappresentato dalla fallacia del "mondo giusto", ossia la convinzione che le persone ottengano ciò che meritano nella vita—cose buone accadono alle persone buone, cose cattive a quelle cattive. È Il mito mondiale che si basa su queste convinzioni: "devono aver fatto qualcosa per meritarsi questo", "devono essere persone cattive", "vengono punite per qualcosa". Sebbene la teologia riformata abbia sempre respinto questo pensiero semplicistico simile al karma, ho notato come facilmente la dottrina della provvidenza possa trasformarsi in questa fallacia quando applicata con superficialità a situazioni complesse.

Negli ultimi mesi, sono stato profondamente turbato da un modello emergente nelle conversazioni teologiche riguardanti situazioni geopolitiche complesse—in particolare sul genocidio commesso da Israele contro la popolazione di Gaza. Ciò che sto osservando sembra essere una deriva sottile ma significativa nel modo in cui la comprensione riformata della provvidenza divina viene applicata in contesti reali. Questa deriva trasforma una dottrina concepita per offrire conforto e prospettiva in qualcosa che assomiglia inquietantemente alla fallacia del "mondo giusto".

 

Provvidenza divina come scusa per il disimpegno morale

Consideriamo queste frasi che ho incontrato in recenti conversazioni sulle vittime civili a Gaza:

"Tutto ciò che accade rientra nella Provvidenza del Signore."

"Tutto quello che posso fare è pregare per la pace. Cosa stai cercando di dimostrarmi? Il Signore ha il controllo."

Queste affermazioni non sono tecnicamente errate—la teologia riformata afferma effettivamente la sovranità di Dio su tutti gli eventi:

Chiunque, quindi, si rifiuti di ammettere che il mondo è soggetto alla provvidenza di Dio, o non creda che la sua mano è stesa dall'alto per governarlo, fa quanto è in lui per porre fine all'esistenza di Dio. Tuttavia, non basta avere in testa una conoscenza fredda e insignificante di Lui; è solo la convinzione vera e sentita della sua provvidenza che ce lo fa riverire e che ci tiene sottomessi a Lui. 

(Calvino commento ai Salmi 10:3-4)

Tuttavia, nelle conversazioni che si possono avere su tale genocidio, la provvidenza divina viene abusata con meccanismi per deflettere la responsabilità e respingere preoccupazioni legittime.

Tutto viene attribuito alla volontà di Dio, senza  responsabilità morale, l'agire umano e la nostra responsabilità di parlare contro l'ingiustizia. 

Le domande sulle vittime civili vengono trattate come sfide inappropriate alla sovranità di Dio piuttosto che come legittime preoccupazioni morali.

Ciò che è molto preoccupante è che queste sono le dichiarazioni di persone che frequentano chiese riformate da decenni se non da una vita.

Questo approccio alla provvidenza differisce significativamente dal pensiero riformato autentico nei seguenti punti critici:

 

Assenza del lamento

Quando la provvidenza viene invocata per mettere a tacere le domande sulle vittime civili piuttosto che per suscitare un sincero lamento su di esse, qualcosa è andato storto nel modo in cui applichiamo la teologia.

La teologia riformata tradizionale ha sempre dato spazio al lamento per la sofferenza. I Salmi, amati da Calvino e dai Riformatori, sono ricchi di grida di angoscia per l'ingiustizia e la sofferenza. La vera fede nella provvidenza non elimina il dolore, ma lo inserisce in un contesto più ampio.

Nella mia traduzione in italiano del libro di FrancescoTurrettini riporto le parole di suo nipote, Benedetto Pictet, pronunciate al suo funerale:

Quante volte, sia in pubblico che in privato, abbiamo visto quel pio uomo scoppiare in lacrime quando sentiva parlare dell'orribile sorte dei fratelli piemontesi, e quando contemplava quei miseri residui lì, in parte scappati dalle inaccessibili alture delle montagne e nascosti nelle grotte delle rocce, in parte nelle prigioni ripugnanti e oscure, come tizzoni ardenti strappati al fuoco.

Quante volte ha profanato le sue guance con lacrime sorte quando venne a sapere delle dolorose vicissitudini dei nostri fratelli francesi, le quali è meglio coprire con un velo piuttosto che rinnovare l'indescrivibile angoscia della loro storia.

Dov’è il lamento oggi per i cristiani uccisi in Palestina dai criminali sionisti?

Come afferma Paul Fahy, nel suo articolo da me tradotto sulla Storia della Palestina: “Sì, i cristiani occidentali sostengono gli israeliani che uccidono i cristiani palestinesi. Sostengono le atrocità di Israele contro i Palestinesi, anche se una grande percentuale di questi ultimi è in realtà cristiana. Il diavolo sta ridendo ad alta voce”. 

 

Provvidenza senza giustizia

La tradizione riformata sottolinea che la provvidenza di Dio include la sua giustizia e una particolare attenzione verso gli oppressi. Come ha osservato lo stesso Calvino nel suo commento al Salmo 10:14-15, Dio è il difensore dei poveri e presta particolare attenzione alle loro afflizioni.

Quando la provvidenza diventa uno scudo teologico contro il confronto con l'ingiustizia, piuttosto che un richiamo all'impegno di Dio per la giustizia ultima, allora ci siamo allontanati dalla comprensione riformata.

 

Applicazione selettiva

Forse l'aspetto più preoccupante è che la provvidenza viene spesso applicata in modo selettivo: viene invocata per spiegare la sofferenza in un contesto, ma non viene applicata per mettere in discussione le azioni in un altro. Questa incoerenza rivela che non si tratta di una genuina convinzione teologica, ma di un meccanismo per evitare domande morali scomode.

 

Un esempio ancora più estremo:

Questa deriva teologica può assumere forme ancora più gravi. In un esempio inquietante che ho riscontrato, un articolo pubblicato su un sito web presumibilmente riformato ha sfruttato la morte di un importante leader religioso per affermare con assoluta certezza che quest'ultimo si trovava ora all'inferno, presentando ciò come una sorte di segno ironico della provvidenza divina perché é morto a pasqua.

Questo leader sarebbe il papa di Roma Bergoglio morto il 21 aprile 2025. 

Nonostante queste persone che si definiscono calviniste non siano in grado di distinguere l'ufficio di Anticristo dalle persone umane che lo ricoprono (come faceva Calvino)—non si è potuta neanche trovare la semplice decenza umana di evitare di scagliarsi addosso alla salma ancora calda di una persona morta, pubblicando tale arrogante spazzatura teologica nello stesso giorno della sua morte.

Tale retorica dimostra quanto lontano possa spingersi questa deriva—dal riconoscere la sovranità di Dio mantenendo l'umiltà umana, al presumere di sapere esattamente come i giudizi di Dio vengono eseguiti in casi specifici.

Sempre Calvino afferma nel suo primo libro delle istituzioni:

In realtà, mossi da pazzia forsennata, molti si sentono autorizzati a criticare le opere di Dio, esaminare e analizzare le sue segrete decisioni, anzi si affrettano a pronunciare la loro sentenza con una libertà maggiore che, se dovessero giudicare le azioni di un uomo mortale. Si può concepire atteggiamento più perverso e sregolato dell'usare moderazione nei confronti dei nostri simili, preferendo sospendere il nostro giudizio per timore di essere giudicati temerari e invece criticare con presunzione i giudizi di Dio che ci sono sconosciuti e che dovremmo considerare con riverenza e ammirazione?

Nessuno può dunque riconoscere degnamente e utilmente la provvidenza di Dio se non ha coscienza di trovarsi di fronte al proprio Creatore, a colui che ha costruito il mondo e in tal modo assumerà l'atteggiamento di umiltà che si conviene. (Giovanni Calvino–Istituzione della religione cristiana, libro primo).

Un approccio teologico più sano affermerebbe comunque la sovranità ultima di Dio riconoscendo al contempo:

- La nostra limitata comprensione dei Suoi scopi specifici negli eventi individuali;

- La nostra responsabilità di cercare la giustizia e stare con gli oppressi;

- La legittimità del lamento per la sofferenza umana, pur confidando in Dio;

- La necessità di agire con umiltà quando si fanno affermazioni sulle specifiche intenzioni di Dio;

 

Arroganza, superstizione e mancanza di distinzione della volontà di Dio 

"Né si prevarranno del nome di Dio per nascondere la loro vergogna come il giovane presentato dallo stesso poeta, che parla in questo modo dei suoi amori: 'È Dio che mi ha spinto. Sono convinto che gli dèi l'hanno voluto perché se non volessero non accadrebbe'.  (Calvino, istituzioni)

Il pensiero carnale della maggioranza dei riformati moderni non si ferma alla deriva teologica che porta alla fallacia del mondo giusto, bensì vi è persino un'interpretazione arrogante della provvidenza divina negli eventi che accadono. Sembra quasi che dicano: "Sono convinto che Dio ha voluto il genocidio dei palestinesi perché, se non lo volesse, non accadrebbe". Attribuendo tutte le cause a Dio, senza alcuna responsabilità morale, giustizia o lamento.

Le sacre Scritture ci insegnano a riconoscere l'umiltà davanti agli eventi governati dalla provvidenza di Dio e ci insegnano la sua volontà rivelata. Questa distinzione è importante nella teologia riformata ed è definita da Francesco Turrettini come «volontà precettiva» (segreto decreto eterno) e «volontà decretativa» (comando e volontà rivelata nelle Scritture) di Dio.

In breve, noi troviamo e seguiamo la seconda tramite le Scritture e adoriamo con humilitas il mistero della prima, esclamando come Davide:

"O Dio, quanto grandi sono le tue meraviglie! Non è possibile comprendere i tuoi pensieri a nostro riguardo, essi sormontano quanto potrei dirne " (Sl. 40.6) 

Calvino afferma ancora nelle sue istituzioni:

È vero che nella Legge e nell'Evangelo vi sono misteri tali da sorpassare di molto la nostra comprensione; ma Dio illumina i suoi eletti con lo Spirito d'intelligenza onde comprendano i misteri che ha voluto rivelare con la sua parola. Non vi è dunque alcun abisso ma si tratta di una via in cui si può camminare sicuramente, di una lampada per guidare il nostro piede, di una luce di vita; insomma è una scuola della verità evidente. Ma il modo mirabile di reggere il mondo è definito a buon diritto abisso profondo perché dobbiamo con riverenza adorarlo quando ci è nascosto. Mosè ha espresso molto bene i due concetti con poche parole: "I segreti, egli dice sono riservati al nostro Dio, ma quanto è qui scritto appartiene a voi e ai vostri figliuoli" (De. 29.29). Esprimendosi in questi termini ordina non solo di applicarci a meditare la legge di Dio, ma anche di elevare i nostri sensi per adorare la sua provvidenza.  

Ma se non vogliono riconoscere che quanto avviene nel mondo è guidato dall'incomprensibile volontà di Dio, mi dicano a che scopo la Scrittura affermerebbe: i suoi giudizi sono un profondo abisso (Sl. 36.7) . Mosè afferma che la volontà di Dio non è lontana da noi e non bisogna cercarla nelle nuvole e negli abissi poiché è espressa famigliarmente nella Legge in termini comprensibili: il Salmo allude dunque ad un'altra volontà nascosta, paragonata ad un abisso profondo, alla quale anche san Paolo Si riferisce dicendo: 

"o profondità e altezza delle ricchezze e della sapienza e della conoscenza di Dio! I suoi giudizi sono inscrutabili e incomprensibili le sue vie! Chi conosce infatti i pensieri di Dio o chi è stato il suo consigliere? " (Ro 11.33).

Ma piuttosto interrogheranno la Scrittura e impareranno che cosa piaccia a Dio per sforzarsi di realizzarlo con la guida dello Spirito Santo. Ed essendo pronti a seguire Dio dove li chiamerà, dimostreranno con i fatti non esserci nulla di più utile che questa dottrina, ingiustamente biasimata dai malvagi perché alcuni la praticano male.

"I segreti, egli dice sono riservati al nostro Dio, ma quanto è qui scritto appartiene a voi e ai vostri figliuoli" (De. 29.29)

Questa importante distinzione oggi entra in contrasto con l'abuso che si fa della provvidenza di Dio. Forse la causa sta in un approccio accademico sterile, dove la conoscenza teologica viene compartimentalizzata e non applicata alla vita, riducendosi a una conoscenza fine a sé stessa e incapace di coinvolgere cuore e volontà. Ma a quale prezzo?"

 "Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli". (Mt. 25,41).

È davvero preoccupante come non sembra vedersi alcuna conoscenza della volontà decretata di Dio, la quale costituisce il fondamento del cristianesimo: come la legge più grande (Giovanni 13:34-35) e adempiere la legge di Cristo (Galati 6:2). Si vede invece una superstiziosa interpretazione arrogante della provvidenza di Dio ricercando segni della sua volontà rivelata negli eventi stessi.

“Sono convinto che gli dèi l'hanno voluto perché se non volessero non accadrebbe”.

 

Conclusione

Nel navigare le intricate realtà geopolitiche, abbiamo bisogno di una teologia che ci conferisca sia la certezza della sovranità di Dio sia l'impegno morale che ci compete. La provvidenza divina non dovrebbe mai essere usata come una scorciatoia teologica che ci permette di evitare il difficile lavoro del discernimento morale e dell'impegno compassionevole.

Dovremmo riconoscere che potremmo esserci allontanati dalla ricca comprensione riformata della provvidenza verso qualcosa che assomiglia più alla fallacia del "mondo giusto" quando invochiamo la sovranità di Dio principalmente per soffocare questioni morali piuttosto che per informare la nostra risposta morale. Questo è un'evoluzione che alla fine danneggia sia la nostra integrità teologica che la nostra testimonianza morale.

La vera teologia riformata ci chiama a un equilibrio difficile ma necessario, che consiste nel fidarci completamente della sovranità di Dio e, allo stesso tempo, impegnarci pienamente nella nostra responsabilità morale in un mondo spezzato. Qualsiasi cosa di meno non riesce a onorare sia il Dio che regna sia il Dio che ci chiama a 

"praticare la giustizia, amare la clemenza e camminare umilmente col tuo DIO?" (Michea 6:8).


 


 


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