Il Credo di P. M. Vermigli
UNA SEMPLICE
DICHIARAZIONE
SOPRA I DODICI ARTICOLI DELLA FEDE CRISTIANA
DI
M. PIETRO MARTIRE
VERMIGLI FIORENTINO
Cenno sopra Pier Martire Vermigli
Ogni
paese vanta il suo riformatore: la Germania Lutero, la Francia Calvino, la
Svizzera Zwingli, la Scozia Knox, la Spagna Valdés... E noi, in Italia,
ricordiamo con particolare diletto il nome di Pier Martire Vermigli.
Nacque
P. M. Vermigli a Firenze da genitori devoti alla memoria di Savonarola, nell'anno
1500. Entrò giovinetto nel chiostro a Fiesole e diventò canonico regolare dell'ordine
medesimo in cui era entrato Lutero, cioè quello degli Agostiniani. Trasferì poi
la sua residenza in un convento vicino a Padova, onde proseguire gli studi
assai innanzi in quell'università.
Quindi
cominciò a predicare. Brescia che aveva udite le prime prediche di Savonarola
udì ancor le prime di Vermigli. Andò in seguito predicando ed ammaestrando, di
città in città. Era salito di qualche grado nell' ordine suo, quando fermò la
sua stanza a Napoli, nel convento di S. Pietro ad Ara. Ivi con cresciuto
fervore si dedicò agli studi suoi prediletti, che erano quelli delle S.
Scritture, animato viepiù ora dai consigli dell'evangelico apostolo di Spagna,
Giovanni Valdés, che ivi risiedeva e tanto influsso esercitò sopra la riforma
italiana, ora per la lettura che faceva di opere di altri riformatori.
Appena
la verità l’ebbe illuminato, l'intesero i suoi uditori, e fu sospetto e patì
molestie. Alfine, si levò da quella città, attese a purgare l'ordine suo di
scandali, e venne a Lucca ad occupare l'ufficio di priore del convento di S.
Frediano. Appena stabilito, si circondò di eletti maestri, tra i quali
Martinengo di Brescia, Zanchi di Bergamo, e altri, che egli diresse nelle
riforme. Meditò ivi specialmente gli scritti di san Paolo, e fece scuola, sia
di studiosi che di popolani, che il vescovo della città denunziò come nido di eresia.
Ma Vermigli ancora a tempo prese il volo e riuscì, seguito da alcuni compagni,
a riparare oltre le Alpi. Accettò a Zurigo, poi a Basilea, fermò dimora a
Strasburgo.
Fra
i primi suoi scritti è una lettera che scrisse alla sua diletta Chiesa di Lucca
per raffermarla nella fede. Ma sentiva che le sue esortazioni non potevano
avere molto effetto; ne era angosciato, e ripensando ai pericoli che
minacciavano in sul nascere la riforma nel suo paese, scriveva ad un amico:
"Prega, te ne supplico, per l'infelice Italia; perché, finché non sarà
convertita a Cristo, non troverà la fine dei suoi mali." Così faceva eco
ad una gran parola di Savonarola, che vedemmo purtroppo adempiuta.
Intanto
l'opera sua veniva ricercata e molto apprezzata dai promotori della Riforma
nella terra dell'esilio; in prima a Strasburgo, poi in Inghilterra dove passò e
lasciò “piena del suo nome la riforma di quella nazione." Di ritorno a
Strasburgo e quando vi era più amato, lasciò la città, non per accettare l'invito
di Calvino che l'avrebbe voluto a Ginevra, bensì per recarsi a Zurigo, presso
il buon amico Bullingero e la italiana congregazione che ivi fioriva.
Mentre
era a Zurigo, Teodoro di Beza lo chiamò ad accompagnarlo al famoso colloquio di
Poissy. E si narra che in quell'occorrenza, a persuadere la regina Caterina dei
Medici sua compatriota, "parlò italiano e con molto effetto."
Tutti
lo volevano, lo esaltavano. Era uomo pio, di carattere fermo, ma mite e moderato;
era teologo insigne, predicatore eloquente, ammirato particolarmente come
interprete delle Sacre Scritture. Riuscì a farsi amare dai protestanti, non
sempre benevoli ai nostri esuli, come era stato amato in Italia. E, dopo tre
secoli, la critica lo rispetta ancora, a segno che perfino il Cantù, che pure
ne ragiona a lungo, nemmeno una volta lo punge.
Morì
a Zurigo nel 1562 rimpianto da tutti, anche dai cattolici, "solo dolenti
che si fosse da loro scostato. " Il teologo Haller, interpretando di certo
gli unanimi sensi dei protestanti, scrisse allo Zanchi queste parole: “Martire
non era soltanto un lume ed un appoggio della nostra Chiesa, ma di tutta la
comunione dei fedeli. Così grandi erano la sua prudenza, le sue cognizioni;
tanta era la sua dignità e la sua umanità che tutti lo ammiravano e lo amavano.
Chi potrebbe essere così dissennato da non deplorare con tutto l'animo la
perdita di un tal uomo?".
Lasciò
molti scritti; non così numerosi come quelli di Vergerio, ma più voluminosi e
gravi, in forma di commenti e di trattati dommatici, che oggi ancora meritano l'ottima
loro riputazione.
Il
Cantù chiude il suo cenno sopra il Vermigli col far eco ai detti del suo primo
biografo, come segue: "Non ebbe il fuoco di un Farel; non contribuì quanto
Lutero, Calvino, Bullinger a formare la Chiesa; ma la sua moderazione non gli
tolse di sacrificare tutto l'essere suo al Vangelo, e con la sua rara
superiorità sviluppò l'insegnamento e l'interpretazione delle Scritture. E
anche convenuto che nella dogmatica e nell'esegesi ha reso grandi servigi per
lungo tempo in tutte le Chiese riformate, in ogni parte di Europa."
Il
Libro: "UNA SEMPLICE DICHIARAZIONE SOPRA I DODICI ARTICOLI DELLA FEDE CRISTIANA DI M. PIETRO MARTIRE VERMIGLI FIORENTINO" è tratto dall'opera "Biblioteca della Riforma Italiana (raccolta di scritti evangelici del XVI secolo) 1883 - ed è scaricabile nella pagina LIBRI EVANGELICI PDF o nel seguente link diretto: https://drive.google.com/file/d/1l8X_5XhCC8PnkYdcN-Bqy1iDWhAa0kty/view?usp=sharing
Vedi anche:
Trattato della Vera Chiesa Cattolica e della Necessità di Vivere in Essa - Pietro Martire Vermigli
ISTRUZIONE CRISTIANA PER I FANCIULLI DI GIOVANNI VALDÈS
Martino Lutero Riformatore. La sua vita e le sue opere
LETTERA DEDICATORIA alle Cento e dieci divine considerazioni di Giovanni Valdés Proposta da Celio Secondo Curione
Sul Principio della Dottrina Cristiana - cinque trattarelli evangelici di Juan de Valdés
CENNO BIOGRAFICO SU GIOV. VALDÈS
Ottima informazione. Val la pena di leggere anche coloro che fin dal Medio evo rimasero fedeli agli apostoli e per essendo pochi e perseguitati permisero la comparsa di tali credenti.
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