Quali sono i segni della nostra santità e carità? Francesco Turrettini
Ma vi chiedo, dov'è la
riconoscenza che gli abbiamo mostrato? In che modo gli abbiamo
testimoniato la nostra pietà? E dove sono le prove della carità
verso i nostri fratelli? Quali sono i segni della santità nella
nostra condotta?
Al contrario, non abbiamo
opposto alla manifestazione della Sua bontà tanta ingratitudine e
ribellione? Con quali peccati abbiamo irritato gli occhi della Sua
gloria? L'avarizia, l'ambizione e l'ebbrezza dei sensi, l'invidia,
l'ostilità e la diffidenza, il permissivismo e l'immoralità e tutti
gli altri peccati che regnano nel mondo, non hanno libero corso anche
in mezzo a noi e non fanno sì che il Santo Nome di Dio sia
bestemmiato? Ho vergogna a dire, ma devo ammetterlo, che fintanto che
la bontà di Dio e la meraviglia della Sua protezione ci ha resi
onorabili, ci screditerà altrettanto la nostra corruzione e la
nostra eccessiva libertà. Se ci ha fatti diventare prodigi della Sua
grazia, ho paura che diventeremo dei prodigi di ingratitudine e di
irriconoscenza. Un giorno si dirà di noi ciò che il nostro Signore
disse alla chiesa dei Sardi: "Tu hai la reputazione di vivere,
ma sei morto" (Apoc. 3,1). Portiamo il nome di cristiani, di
cristiani riformati, che dovrebbe significare "separati dai vizi
del mondo" ed anche separati dai suoi errori, ma non ne abbiamo
né l'evidenza, né la verità. So bene che facciamo professione
della verità divina, che andiamo al culto, partecipiamo ai
sacramenti del Signore e che esercitiamo, almeno in apparenza, le
altre opere della pietà che ci sono prescritte. Ma a che ci serve
tutto questo, se la nostra professione esteriore non è accompagnata
dalla sincerità del cuore, se conduciamo una vita contraria alla
nostra dottrina e se, mantenendo la forma della pietà, ne abbiamo
rinnegata la potenza?
"Il regno di Dio non
consiste in parole, ma in potenza" (I Cor. 4,20). Il carattere
del cristiano non sta nel Nome di Cristo o nella professione della
verità cristiana, ma nella sua vita spirituale e nella sua pratica
della santità. "Se uno non ha lo Spirito di Cristo, non
appartiene a Lui" (Rom. 8,9); "Si ritragga dall'iniquità
chiunque nomina il Nome di Cristo" (II Tim 2,19). Questo è il
vero sigillo del Vangelo, la divisa dei discepoli di Cristo e il
segno della vera religione. Quand'anche andaste ogni giorno al
culto, non mancaste mai di avvicinarvi alla tavola del Signore ogni
volta che ne avete l'occasione, pregaste continuamente, se la vostra
vita non corrisponde al nome che portate ed alla vostra professione
di fede, ciò non vi impedirà di perire.
Questo
nobile nome, di cui vi gloriate, non vi servirà a nulla; servirà
solo a rendervi maggiormente imperdonabili, visto che ne avete
oscurato la gloria con una vita peccaminosa e che, sotto il vostro
manto di “cristiani”, fate opere da pagani e da infedeli.
Questa
è la disgrazia in cui sono sprofondati molti cristiani oggi.
Piacque
a Dio, in passato, che non ce ne fossero in mezzo a noi, perché
avevamo conservato la purezza dei costumi e quella della dottrina; la
nostra vita era santa e la nostra religione era buona. Ma ahimè!
Gemiamo nel vedere la strana rilassatezza di costumi in cui siamo
caduti, e quanto abbiamo degenerato rispetto alla pietà ed alla
virtù dei nostri Padri. Possiamo dire che abbiamo veramente
dimenticato il nostro primo amore.
Vi
prego di riflettere: oggi, dov'è finito lo zelo ardente che animava
loro, quando accettarono il Vangelo, quando cercavano con una santa
avidità la manna celeste e lasciavano generosamente i loro genitori,
i loro beni, la loro patria e tutto ciò che avevano di più caro al
mondo per vivere per il Signore Gesù e per radunarsi attorno al
corpo morto come tante aquile celesti (Mt 24,28)? Dov'è finito lo
zelo dei padri, tra le nostre anime deboli e fredde, tra i nostri
spiriti tiepidi ed indifferenti che zoppicano da entrambi i lati e
che vorrebbero vivere sia per Cristo che per Beliar, sia per Dio sia
per il mondo? Invece di lasciare tutto per Cristo, queste persone
sono pronte ad abbandonare Cristo per un minimo vantaggio mondano.
Dov'è finita la purezza e l'integrità che traspariva dalle azioni e
dalle parole dei nostri padri, che li faceva riconoscere facilmente
tra la gente del mondo? Oggi si vede solo l'immoralità e la sozzura,
sia nei discorsi che nella vita, con le parole sporche e maligne che
escono dalla bocca di molti e con le azioni malvagie e disoneste,
dalle quali ci si lascia trascinare. Dov'è finita la semplicità e
la modestia che appariva negli abiti e nella condotta dei padri?
Oggi, il lusso e la vanità sono arrivati ad un livello tale che
nulla può reprimerlo, né la censura dei pastori, né le pene dei
magistrati. Siamo così idolatri, adorando la nostra persona, che
sacrifichiamo ogni cosa per la nostra ambizione e corriamo incontro
alla nostra rovina. Se dobbiamo donare il nostro denaro o contribuire
per il bene pubblico, siamo poveri; ma se dobbiamo spendere in abiti,
in mobili o in festini, troviamo sempre il denaro necessario; non c'è
nulla di troppo dispendioso per noi e non vogliamo dire che non siamo
in grado di spendere, semmai vogliamo che gli altri credano che
possiamo permetterci tali spese, più del nostro vicino.
Dov'è
finita la carità e l'amore fraterno che veniva espresso con tanto
calore dai nostri buoni padri, che li portava volontariamente a
donare e a perdonare i loro fratelli, a donare i loro beni a quelli
che vedevano in difficoltà, a perdonare le offese a quelli che li
avevano offesi? Dov'è finita oggi questa divina virtù, se
consideriamo la nostra freddezza e la nostra indifferenza, la nostra
durezza e la nostra inciviltà. Sembra che non sappiamo più cosa
significa donare, perdonare, perché l'amore si è raffreddato.
Invece di essere disposti a distribuire i nostri beni a quelli che
sono nel bisogno, ve ne sono molti che arrivano a derubare il
prossimo con la violenza, con la frode e con l'ingiustizia. Invece di
perdonare le offese che subiscono, essi dimostrano di possedere cuori
fieri e irriducibili che nutrono in un corpo mortale degli odi e
delle ostilità immortali, che soddisfano le loro passioni e si
vendicano ad ogni costo delle offese ricevute.
Il
nostro Signore ci ripete ogni giorno il Suo comandamento che è di
amarci gli uni gli altri; ci ripete che da questo comportamento
riconoscerà se siamo Suoi discepoli. Ma noi non ce ne curiamo
affatto, e invece di ubbidire al Signore Gesù ed imitare il Suo
esempio, preferiamo stare dalla parte del principe delle tenebre, che
è stato omicida e bugiardo fin dal principio.
Se
volessi elencare tutti i nostri peccati, non finirei mai, da
qualunque lato io consideri la situazione, sia per ciò che dobbiamo
a Dio, sia per ciò che dobbiamo al nostro prossimo, o che dobbiamo a
noi stessi. Ovunque trovo un argomento per essere confuso e sono
certo che il nostro Signore avrebbe molte ragioni di rimproverarci,
come fece per Gerusalemme, e spingerci a considerare le cose
necessarie alla nostra pace. Se ci pensassimo come dovremmo, avremmo
cura di cercarle con l'impegno nella pietà e nella santificazione,
invece di renderci indegni con la nostra impenitenza.
Approfitteremmo, meglio di quanto stiamo facendo, dell'ammirevole
bontà del Signore e ci convertiremmo, mentre ora ne stiamo facendo
una scusa per la nostra sicurezza carnale. Cercheremmo di trattenere
il Signore in mezzo a noi con la fedeltà della nostra ubbidienza,
mentre ora sembra che lo stiamo cacciando con il ripetersi delle
nostre ribellioni e delle nostre ingratitudini.
Così
fece l'ingrata Gerusalemme e così attirò su di sé il devastante
giudizio che la ridusse alla desolazione. E che cosa possiamo
aspettarci, fratelli miei, se il Signore facesse giustizia? Visto che
siamo partecipi dei suoi peccati, saremo suoi compagni nella pena.
Che cosa possiamo sperare e che cosa dobbiamo temere, se non
correggiamo il nostro comportamento? Se Dio non ha risparmiato
Gerusalemme, che era stata il piacere del cielo e la delizia della
terra, perché dovrebbe risparmiare noi, che non abbiamo nulla che ci
faccia considerare? Non vantatevi, peccatori, nella speranza della
sua grazia e della vostra impurità. So che la sua misericordia è
grande, ma ha dei limiti: se è un asilo per coloro che si pentono,
non sarà mai un rifugio per gli impenitenti e i profani. Ripeto che
l'aiuto che il Signore ci offre è meraviglioso e non potremo
ringraziarlo abbastanza: ma chi vi ha dato la certezza che continuerà
ad aiutarci? Avete la promessa che sarete sempre protetti all'ombra
delle Sue ali e che la coppa traboccante dell'ira di Dio, che è
passata un po' ovunque, non passerà anche su voi? Piuttosto, non
dovreste temere di non essere risparmiati, visto che non siete
migliori di tanti altri? Dato che la Sua pazienza vi ha sopportato a
lungo, il Suo giudizio vi punirà più severamente!
Francesco Turrettini - Risveglia la tua chiesa o Dio
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