TESTIMONIANZA CHE IDDIO RENDE DELL' UOMO

Horatius Bonar


Gen. 6,5-11. – Giob. 15,14-16. – Sal. 45,1-3. – Sal. 51,4-5. – Ec. 7,29. – Is. 53,6. –  Giov. 15,18 - 24, – Rom. 1,21-32. –  Rom. 3,9-19. – Ef. 11,1-3. –  Tit. 3,13. – 1 Giov. 5, 19.

Iddio ci conosce. Egli sa ciò che siamo, come pure quello che aveva in mente che fossimo; e sulla differenza fra questi due stati si fonda la sua testimonianza in rapporto a noi.

Egli è troppo buono per tenere un linguaggio inutilmente severo, troppo verace per non parlare con verità, né può avere motivo alcuno d'ingannarci; poiché se vi è del bene nelle opere delle sue mani, quello solo si compiace di menzionare, e non il male. Dapprima Egli le dichiarò “buone”, e “molto buone”. Che se adesso non le dichiara più tali, non è perché non voglia, ma perché non può, essendo che “ogni carne abbia corrotto la sua via sulla terra” (Gen. 6,12).

La testimonianza di Dio riguardo all’uomo consiste in questo: Egli è peccatore. Iddio testimonia contro di lui, e non in favore di lui. Egli testifica che “non vi è alcun giusto, neppure uno”; che “non vi è alcuno che abbia intendimento”, nessuno che ricerchi Iddio, e altresì “nessuno che lo ami” (Salm. 14,1,3; Rom. 3,10-12). Iddio parla dell'uomo con bontà, ma con severità; come un padre afflitto per la perdita di un figlio, eppure come uno che non verrà mai a patto con il peccato, e che “non assolverà in alcun modo il colpevole". Egli dichiara che l'uomo è un essere perduto, traviato, ribelle, anzi “nemico di Dio” (Rom. 1,30); non peccatore di tanto in tanto, ma sempre; non peccatore in parte, avendo in sé qualche cosa di buono, ma peccatore in tutto e per tutto, senza ombra alcuna di bontà; malvagio nei suoi pensieri e nelle sue azioni, “morto nei falli e nei peccati”, operatore d'iniquità, e per conseguenza sotto condanna; nemico di Dio, e quindi “sottoposto alla di Lui collera”, trasgressore della legge di giustizia, e perciò “maledetto dalla legge” (Gal. 11,10).

L'uomo è decaduto! Non il tale o tal altro uomo, ma tutta quanta la razza umana. In Adamo tutti hanno peccato; in Adamo tutti sono morti. Non si tratta di poche foglie appassite e cadute dall'albero, ma dell'albero, che si è corrotto, nelle sue radici come nei suoi rami. La “carne”, ossia “l'uomo vecchio”, vale a dire ogni uomo che viene nel mondo, ogni figliuolo d'uomo, ogni frammento dell'umanità, ogni atomo, per così dire, del corpo decaduto di Adamo, è “corrotto”. Né solamente partorisce il peccato, ma lo porta con sé dovunque, come un secondo sé stesso; anzi, egli è "un corpo”, ossia “un ammasso” di peccati (Rom. 6,6), un “corpo di morte” (Rom. 7,24), soggetto, non alla legge di Dio, ma alla "legge del peccato" (Rom. 7,23).

L'Israelita, educato sotto la più perfetta delle leggi, e con il vantaggio delle più favorevoli circostanze, era il miglior tipo dell'umanità; dell'umanità civilizzata, educata, e pulita, il miglior modello dei primi figli di Adamo; cionondimeno la testimonianza che Iddio ne rende, si è, - che egli giace "nel peccato”, che “ha smarrito la diritta via”, e che “è privo della gloria di Dio”.

Non è la vita esteriore dell'uomo ciò che costituisce l'uomo, giusto appunto come la tinta sopra un pezzo di legno non è il legno, né il verde muschio che ricopre la roccia non è la roccia. L'immagine di un uomo non è l'uomo stesso, ma un ingegnoso insieme di colori che rappresentano l'uomo. Così ancora ciò che costituisce il vero stato dell'uomo si è il modo con cui l'anima sua si conduce inverso Dio. Colui che ama Iddio con tutto il cuore, è nel suo vero stato. Chi non lo ama in questa maniera, è in uno stato falso. Egli è peccatore, perché il suo cuore non è verso Dio tale, quale dovrebbe essere.

Abbia pur buona opinione di sé medesimo, e sembri buono pure agli occhi altrui, agli occhi di Dio egli è reo, e quindi meritevole della morte e dell'inferno. Il bene esteriore non può bilanciare il male interiore. I benefici prodigati al suo simile non varranno mai a scusare i suoi malvagi pensieri contro a Dio. Ed egli sarà sempre in balìa di questi malvagi pensieri, fintantoché non ami con tutta la sua forza quest' Essere infinitamente buono ed infinitamente glorioso.

La testimonianza di Dio, in rapporto all'uomo, è dunque che egli non ama Iddio con tutto il suo cuore; anzi, che non lo ama affatto. Non amare il prossimo nostro è un peccato; non amare i nostri genitori è un peccato più grande; ma non amare Iddio, nostro Padre celeste, è un peccato più grande ancora.

Inutili riusciranno all'uomo le sue scuse, invano si sforzerà di scolparsi, se prima non dimostra di amare, e di aver sempre amato Iddio con tutto il suo cuore e con tutta l'anima sua. Se egli può invero provare tale cosa, allora non è peccatore, né ha bisogno di perdono. Arriverà al cielo senza la croce, e senza di un Salvatore.

Ma se non la può provare, egli ha “la bocca chiusa". ed è colpevole dinnanzi a Dio. Per quanto favorevole possa essere l'opinione che egli ha di sé, e che gli altri hanno di lui al presente, il verdetto gli verrà pronunziato più tardi. Oggi è il giorno dell'uomo, in cui prevalgono gli umani giudizi, ma il giorno di Dio viene, allorché la tua causa sarà rigorosamente discussa a seconda dei suoi veri meriti. In quel giorno il Giudice di tutta la terra pronunzierà il suo giusto giudizio, e il peccatore rimarrà svergognato.

Ma vi è ancora un'altra e peggiore accusa contro di lui. Egli non crede nel nome del Figliuolo di Dio, né ama il Cristo di Dio. E questo il suo più grande peccato; il peccato dei peccati. Che il suo cuore non sia sincero verso Iddio, si è la prima accusa contro di lui. Che il suo cuore non sia sincero verso il Figlio di Dio, eccoti la seconda. E questa seconda è il peccato capitale, quello che schiaccia l'uomo, quello insomma che si tira dietro la più terribile condanna che tutti gli altri peccati insieme.

"Colui che non crede già è condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figliuol di Dio” (Giov. 3,18). “Chi non crede a Dio lo fa bugiardo, perché non ha creduto alla testimonianza che Iddio ha reso intorno al suo Figliuolo” (1 Giov. 5,10). “Chi non crede sarà condannato" (Mar. 16, 16). Per questo gli Apostoli predicavano “la conversione a Dio, e la fede nel Signor nostro Gesù Cristo” (Atti 20,21).

Ed è altresì per questo che il primo peccato che lo Spirito Santo fa vedere alla coscienza dell’uomo, è sì l'incredulità; "quando sarà venuto, convincerà il mondo di peccato, perché non credono in me" (Giov. 16,8-9).

Tale è la condanna che Iddio pronunzia contro l'uomo. La Bibbia intera ci parla di questa verità. Il grande amore di Dio, rivelatoci nella sua Parola, è basato su questa condanna. È un amore verso dei condannati.

Noi non potremmo intendere il significato della testimonianza che Iddio rende alla sua Grazia, se non crediamo fermamente a ciò che Egli dice in rapporto all'uomo colpevole, e in uno stato di completa rovina. Né è contro l'uomo come semplicemente infetto da malattia morale, o fortunatamente infelice che Egli testimonia; ma come reo di morte, sottoposto alla sua collera, e condannato alla eterna maledizione; per questo delitto dei delitti, cioè un cuore che non è tale, quale dovrebbe essere, né agli occhi di Dio, né a quelli del suo Figliuolo Incarnato.

Egli è questo un divino e non un umano verdetto. È Iddio che condanna, e non l'uomo, e Iddio non può mentire come possono mentire gli uomini. È questa la testimonianza che Iddio rende dell'uomo, e noi sappiamo che la sua testimonianza è verace.  

Horatius Bonar - Tratto dal libro La Pace Secondo Dio - un libro per coloro che sono ansiosi per la propria salvezza


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