Come si deve intendere che l'uomo fu creato all'immagine e somiglianza di Dio

Juan de Valdés

Come si deve intendere che l'uomo fu creato all'immagine e similitudine di Dio.

Molte volte ho voluto intendere, in che cosa propriamente consista quello che dice la santa scrittura, che l'uomo fu creato in immagine e similitudine di Dio; e mentre che ho voluto intenderlo per la lezione, non ne ho fatto profitto alcuno, perché la lezione ora mi tirava ad un parere e poi ad un altro, finché, ottenendolo per la considerazione, mi pareva d'averlo inteso, o almeno d'averlo cominciato ad intendere; quello che mi manca, tengo per certo che me lo darà il medesimo Dio che mi ha dato quello che io posseggo.

L'immagine e similitudine di Dio intendo che consiste nel suo proprio essere, in quanto è impassibile ed immortale, e in quanto è benigno misericordioso giusto fedele e verace; con queste qualità e con queste perfezioni intendo che Dio creò l'uomo nel Paradiso terrestre, dove, innanzi che fosse disubbidiente a Dio, era impassibile ed immortale, era buono misericordioso giusto fedele e verace. Questa immagine e similitudine di Dio intendo che il primo uomo la perdette per non aver obbedito a Dio, e così rimase passibile e mortale, rimase malvagio crudele empio, infedele e bugiardo. Dopodiché ho inteso questo per la considerazione, volendo confrontarlo con la scrittura santa, trovo che si conforma molto bene con quello che dice san Paolo Ef. 4 e Col. 3, e così tanto più mi confermo nella mia considerazione.

E passando più oltre, intendo che questa immagine di Dio era nella persona di Cristo, quanto all'animo, innanzi alla sua morte, da dove era benigno, misericordioso giusto fedele e verace; e quanto all'animo ed al corpo, dopo la sua risurrezione, in quanto, oltre alla benignità, misericordia, giustizia verità e fedeltà, possiede ancora immortalità ed impassibilità. Ed oltre a ciò intendo coloro che, essendo chiamati e tirati da Dio alla grazia dell'Evangelo, fanno di Cristo loro giustizia  e sono incorporati in Cristo, nella presente vita recuperano in parte quella parte dell'immagine di Dio che appartiene all'anima; e in questo modo verremo tutti per Cristo ad essere simili a Dio, come Cristo, ciascuno nel suo grado: Cristo come capo e noi come membri. E sarà veramente una grandissima felicità, vedere negli uomini bontà misericordia giustizia fedeltà e verità; e vederli altresì impassibili ed immortali, vederli molto simili a Cristo e vederli molto simili a Dio; e vedere che con questa felicità degli uomini cresce la gloria di Dio, e cresce la gloria del figliuolo di Dio, per il cui mezzo tutti riconosceremo d'avere conseguito la nostra felicità, conoscendo tutti per nostro capo il medesimo Gesù Cristo nostro Signore.

Che, pretendendo l'uomo acquistar la parte dell'immagine di Dio che non gli apparteneva, perdette la parte che gli apparteneva.

Nella creazione dell'uomo, leggo che egli fu creato ad immagine e similitudine di Dio, e poco più oltre leggo che, pretendendo di acquistarsi l'immagine di Dio, fu disubbidiente a Dio e fu scacciato dal Paradiso terrestre.

Altresì, intendendo che fu differente l'immagine e similitudine di Dio, con la quale fu creato l'uomo, da quella che nella sua depravazione pretendette l'uomo, son venuto a considerare, che l'immagine di Dio, con la quale fu creato l'uomo, è quella che gli apparteneva come a uomo, quella che poteva stare e giungere in lui, e che l'immagine di Dio, che pretendette l'uomo, è quella che non gli apparteneva essendo uomo, quella che è propria di Dio, non essendo comunicabile alle creature.

E benché dalle parole, che contengono la creazione dell'uomo, solamente si raccoglie che l'immagine di Dio, con la quale egli fu creato, consisteva nella superiorità che aveva sopra tutte le altre creature, tuttavia, per quello che mi pare che sentì san Paolo e quello che vedo adempiuto in Cristo e sento ed osservo iniziato in coloro che sono membri di Cristo, intendo che, oltre alla superiorità che nota la scrittura, era l'uomo simile a Dio, quanto all' animo, nella pietà giustizia e santità, e quanto al corpo, nella impassibilità ed immortalità. In questo mi attesto ricordandomi che per Cristo noi recuperiamo quello che per Adamo abbiamo perduto; l'impassibilità e l'immortalità dei corpi, e per Cristo recuperiamo in questa vita la pietà, la giustizia e la santità negli animi, e recuperiamo nella vita eterna l'impassibilità e l'immortalità dei corpi. 

E poiché vedo Cristo risuscitato già impassibile ed immortale, ho detto che vedo in lui compiuta e perfetta l'immagine di Dio che l'uomo perdette; e perché sento che coloro, che sono membri di Cristo rigenerati dallo spirito santo, hanno pietà giustizia e santità, ho detto che, in loro vedo cominciata a ripararsi l'immagine di Dio che perdette il primo uomo. Dell'immagine di Dio che pretendette l'uomo benché dalla santa scrittura non posso raccogliere che essa consistesse se non nella scienza del bene e del male, tuttavia, per quello che considero in ciascuno degli uomini che non hanno conseguita la rigenerazione Cristiana e propriamente per quello che anche coloro che hanno conseguita sentono in sé medesimi e conoscono di sé medesimi, intendo che, oltre alla scienza del bene e del male che nota la santa scrittura, l'uomo pretendette l'immagine di Dio che consiste nel proprio essere di Dio, il quale per sé è, e dà essere e vita ad ogni cosa che è e vive, e perciò ama se medesimo e ama per sé tutte le cose e vuole esser amato per se medesimo e sopra tutte le cose, ed ha maestà gloria ed onnipotenza.

Questo io penso così, intendendo che, vivendo tuttavia nell'uomo quella maledetta persuasione del nemico dell'umana generazione, vive tuttavia temeraria ambizione di acquistarsi l'immagine di Dio, la quale solamente appartiene a Dio, non essendo comunicabile con le creature. Da cui intendo che procede che l'uomo non vuole dipendere da altri che da sé medesimo, alla qual cosa attende quanto gli è possibile, e che ama se medesimo e ama per sé tutte le cose e pretende in ogni sua cosa la sua propria gloria e vuole porre in esecuzione tutto quello di che gli viene appetito. E dalla medesima fonte intendo che procedono nell'uomo le altre cose che sono annesse a queste, come sono la propria estimazione, l'ambizione, la vanagloria, l'ira, l'invidia.

E intendo che negli uomini, che per Cristo hanno conseguito la rigenerazione Cristiana, in tanto va mancando il pretendere l'immagine di Dio che non gli appartiene, in quanto essi vanno recuperando quella che gli appartiene, in maniera che come in loro va crescendo la pietà la giustizia e la santità, così va decrescendo l'amor proprio, l'ambizione, la propria estimazione, l'arroganza e la propria temerità, facendo questo singolarissimo effetto in loro l'incorporazione con la quale stanno incorporati in Cristo, dalla quale ottengono l'esser figliuoli umili e ubbidienti, non presuntuosi né disubbidienti come fu il primo uomo.

Per intenderci meglio, mi metto a considerare fra Dio, l'uomo, il demonio e Cristo il medesimo che fra un padre, un figliuolo presuntuoso, un malvagio schiavo e un figliuolo ubbidiente. E intendo ciò che fece Dio con l'uomo, dandogli la sua immagine e similitudine, quel che fa un padre con il suo figliuolo, dandogli nella sua casa un'autorità quanto conviene al figliuolo; e ciò che fece l'uomo con Dio, pretendendo l'immagine di Dio, quello che fa un figliuolo presuntuoso con il suo padre, non accontentandosi del grado che ha nella casa del padre, come figliuolo, pretende e vuole il grado che ha il padre; e ciò che fece il demonio con l'uomo, persuadendogli di essere disobbediente a Dio, quello che fa un malvagio schiavo col suo padrone, procacciando di sottrarre dall'ubbidienza di esso i figliuoli per recare dispiacere a lui e per rovinare loro. E intendo ciò che fece Cristo con Dio, accontentandosi che in lui fu eseguita la giustizia di Dio, quello che fa uno ubbidiente figliuolo con il suo padre, accontentandosi che il suo padre castighi lui per quello che doveva castigare l'altro figliuolo disubbidiente, per ridurlo alla sua ubbidienza e restituirgli nella sua casa il grado e la dignità che gli conviene come a figlio. Di tutto ciò che è detto prendo due risoluzioni; la prima, che al pio Cristiano appartiene il desistere di pretendere quell'immagine e similitudine di Dio che non gli appartiene, rinunziando ad ogni desiderio di sapere, ogni amor proprio, ogni ambizione, ogni propria estimazione, ogni arroganza e ogni presunzione, ed impegnarsi a recuperare interamente quell'immagine e similitudine di Dio che gli appartiene, domandando a Dio maggior pietà, maggior giustizia e maggior santità, e domandandogli impassibilità e immortalità; la seconda, che al pio Cristiano appartiene conoscere nell'ubbidienza di Cristo la sua riparazione, e conoscere dalla disubbidienza di Adamo la sua depravazione, e così non tentare di imitare Adamo e impegnarsi ad imitare Cristo. 

Qui cum in forma Dei esset, non rapinam arbitratus est esse se aequalem Deo, sed semet ipsum exinanivit, formam servi accipiens (Filip. II ), per la qual cosa Dio lo esaltò e gli diede assoluta potestà e superiorità in cielo e in terra; tanto valse innanzi a Dio l'ubbidienza e l'umiltà di Gesù Cristo nostro Signore.

In che consiste la depravazione dell'uomo e in che consiste la sua riparazione; in che consiste la perfezione Cristiana.

Considerando quello che intendo e conosco dell'essere di Dio, in quanto è impassibile ed immortale e in quanto è savio giusto e misericordioso, fedele e verace, e considerando quello che intendo e conosco dell'essere dell'uomo, in quanto è passibile e mortale e in quanto è ignorante, empio, vendicativo, falso e bugiardo, e intendendo per la testimonianza della santa scrittura, che l'uomo nella sua creazione prima fu creato all'immagine e similitudine di Dio, giungo ad intendere che è tanta la differenza dall'essere in che Dio creò l'uomo, all'essere in che ora si trova, quanto è dall'essere che conosco di Dio, dall'essere conosco dell'uomo. E sapendo per la testimonianza della Santa Scrittura, che per il peccato del primo uomo da quel essere perfetto e simile all'esser di Dio è venuto l'uomo a questo essere imperfetto e simile all'esser degli altri animali, in quanto al corpo, e all'esser degli spiriti malvagi, in quanto all'animo, vengo ad intendere che il male, che è venuto alla umana generazione per il peccato del primo uomo, consiste in questo, che da impassibile è divenuto passibile, soggetto al freddo e al caldo, alla fame e alla sete, con tutte le altre incomodità corporali, e da immortale è diventato mortale, soggetto alla morte, e da savio è diventato ignorante, da giusto a empio, da misericordioso a vendicativo, da fedele a falso, da verace a bugiardo. 

Da cui intendo che poiché il male, nel quale cadette l'umana generazione per il peccato, tocca agli uomini nei corpi e negli animi, la grazia, che Dio ha voluto fare alla umana generazione per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, tocca allo stesso modo nei corpi e negli animi. Ed è così che, subito che l'uomo è chiamato da Dio, accetta per sua la giustizia di Dio, eseguita in Cristo, facendosi membro di Cristo, comincia a godere della prima riparazione che è dell'animo ed è per la morte di Cristo. 

Ed è ancora vero che l'uomo, che partirà da questa vita membro di Cristo, godrà dell'ultima riparazione che sarà del corpo e sarà per la risurrezione di Cristo e sarà nella generale risurrezione di tutti gli uomini. Di maniera che coloro, che sono membri di Cristo, per la morte di Cristo riparano il male nei loro animi nella presente vita se non in tutto almeno in parte, e riparano per la risurrezione di Cristo il male dei loro corpi nella vita eterna, e allora avranno recuperato interamente quell'immagine e similitudine di Dio con la quale furono creati, essendo nei corpi impassibili ed immortali ed essendo negli animi giusti savi, misericordiosi, fedeli e veraci, nel quale intendo che consiste tutta la nostra felicità. 

Dopo l'aver inteso tutto questo, concludo, che il proprio esercizio del Cristiano nella presente vita è dedicarsi alla riparazione dell'animo suo e recuperare l'immagine e similitudine di Dio con la quale fu creato, e quantunque, come ho detto, tanto di questa si recuperi quanto è nell'uomo, come a dire, d'incorporazione nella morte di Cristo, tuttavia intendo che appartiene al Cristiano esercitarsi a recuperarla in questo modo: 

Quando per la depravazione dell'animo suo sarà sollecitato all'empietà, ricordandosi che Dio è giusto, dirà: no; che a me appartiene esser giusto e non empio. 

Quando sarà sollecitato alla vendetta, ricordandosi che Dio è misericordioso, dirà: no; che a me appartiene di esser misericordioso e non vendicativo. 

Quando sarà sollecitato all'ira, ricordandosi che Dio è paziente, dirà: no; che a me appartiene di esser paziente e non iracondo.

Quando sarà sollecitato a falsità e bugie, ricordandosi che Dio è fedele e verace, dirà: no; che a me appartiene di esser fedele e verace.

Quando sarà sollecitato a voler esser stimato e apprezzato dagli uomini del mondo, ricordandosi che Dio è pellegrino e forestiero nella presente vita, dirà: no; che a me appartiene di esser pellegrino e forestiero con Dio per esser del tutto simile a Dio. 

E finalmente quando sarà sollecitato a cosa che possa ridondare in danno del prossimo per qualsiasi via, ricordandosi che Dio ama tanto gli uomini che per riparare il male ed il danno, nel quale erano precipitati, diede il suo proprio figliuolo alla morte, dirà: no; che a me appartiene di avere amore e carità.

E così discorrendo per tutte le cose con le quali uno può esser sollecitato dai propri affetti per la depravazione dell'animo, troverà in Dio perfezioni con le quali li potrà reprimere e così a poco a poco andrà aumentando in sé la riparazione dell'animo, che è la prima, e si andrà abilitando costantemente, più alla riparazione del corpo, che sarà l'ultima. E in questo esercizio intendo che consiste la perfezione Cristiana; voglio dire che tanto è uno Cristiano più o meno perfetto nella presente vita, quanto, occupandosi più o meno in questo esercizio, guadagna più o meno della parte che si acquista nella presente vita della immagine e similitudine di Dio con la quale fu creato.

E perciò intendo che Gesù Cristo nostro Signore conclude i suoi ragionamenti nella perfezione Cristiana dicendo:

Estote perfecti sicut pater vester caelestis perfectus est Matt. V, come se avesse detto:

finalmente vi dico che vi impegnate ad esser simili a Dio nella perfezione; esso è perfetto, voi altri attendete esser perfetti come è Egli. E questa è propriamente ammonizione Cristiana perché è di Gesù Cristo nostro Signore. 

Juan de Valdés Le Cento e Dieci Divine Considerazioni 


Vedi anche:


TESTIMONIANZA CHE IDDIO RENDE DELL' UOMO - Horatius Bonar

Il peccato originale e la miseria dell'uomo - Aonio Paleario


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